di Laura Magna
Provvidenziale fu l’intervento della Bce, e della Fed. Ancora una volta sono state le banche centrali a trovare la soluzione (più palliativa che definitiva, in realtà) alla grave malattia dell’Eurozona, con la politica che continua ad arrancare. E mentre si apre l’Eurogruppo a Cipro, con nuove grandi promesse e aspettative, a poche ore dall’ok ottenuto dall’Esm, il meccanismo che manderà in pensione il vecchio Fondo Salva Stati, le prime reazioni positive all’inondazione di liquidità delle banche centrali si sono già manifestate sui mercati. Lo spread Btp-Bund ha sfondato al ribasso la soglia di 330 e i rendimenti del Btp decennale sono scesi, per la prima volta da marzo, sotto il 5 per cento. «La decisione di Draghi di lanciare l’Omt ha causato una contrazione di 100 punti base sul quinquennale italiano e di 90 punti sull’equivalente spagnolo. L’effetto sarà ancora più dirompente sul listino di Milano». Così in un report di Mediobanca, che continua: «In termini di valutazioni di Borsa ci aspettiamo un +19% ogni 100 punti base di calo del differenziale». Non solo. «La decisione della Fed di varare la terza fase del quantitative easing – sostiene Emmanuel Kragen, global economist e strategist di Exane Derivatives – attesa da numerosi operatori ma non totalmente prezzata, rappresenta una buona notizia per i mercati finanziari che continueranno il rimbalzo iniziato durante l’estate con la put Draghi e con il discorso di Bernanke a Jackson Hole. Anche in occasione dei precedenti Qe il mercato aveva reagito positivamente registrando un rialzo del 10% / 15% in media»
RIMBALZO A PIAZZA AFFARI. Insomma, le banche centrali non salveranno l’euro, ma potrebbero aumentare i rendimenti di portafoglio di chi investe a Piazza Affari – e sulle altre Borse europee. «Ogni 200 punti in meno di spread – dicono ancora da Mediobanca – equivalgono all’1% di Pil. I settori più reattivi sono le assicurazioni, gli industriali puri e l’immobiliare». Il rally, secondo Carlos Galvis, global fixed income fund manager di Carmignac Gestion «potrebbe perdurare nei prossimi tre mesi. Ma perché sia prolungato, gli operatori dovranno ottenere ulteriori conferme di miglioramento delle prospettive macro». Il maggior driver degli upside sui listini è l’abbassamento dei costi di finanziamento per le imprese. «Lo spread – dice Gabriele Roghi, responsabile delle gestioni patrimoniali di Invest Banca – incorpora un rischio Paese che impatta sulle aziende che per tipo di business (utility, infrastrutture e telecom, per esempio) o per caratteristiche di bilancio debbono ricorrere massicciamente al credito. Quindi i settori ad elevato debito avranno la possibilità di finanziarsi a costi più bassi beneficiando della riduzione delle tensioni». Con effetti, dicevamo, anche sulle quotazioni. «Anche in questo caso, se i costi del funding si abbassano di 100 punti base – spiegano ancora da Mediobanca – la valutazione dei titoli può migliorare, in base agli scenari, tra 3 e il 16%». A beneficiare in maniera maggiore di questo effetto sono, secondo la banca d’affari italiana, titoli come le superindebitate Telecom ed Enel; ma anche Atlantia, Beni Stabili, Eni, Finmeccanica, Italcementi, Lottomatica, Luxottica, Mediaset e Prysmian. «Su Prysmian – dice Alessandro Tortora, analista di Mediobanca – c’è il catalizzatore ulteriore dell’acquisizione della società britannica Global Marine Energy per 53 milioni con un giro d’affari potenziale di 75 milioni (fatturato 2012, ndr). Questa mossa darà un forte impulso all’execution dei massicci ordinativi, pari a 1,7 miliardi al 30 giugno 2012, nel settore dei cavi sottomarini». E allargando lo sguardo ai listini di tutta Europa, le occasioni sono ancora più ampie. «In generale – dice Ian Richards, head of equity strategy di Exane Bnp Paribas – i titoli europei sono ancora particolarmente a sconto e offrono molte opportunità Deep Value (PER 12 mesi di 10,6x sul Msci Europe versus un obiettivo di 12x). In tale ottica i trade più interessanti sono le utility, che mostrano una maggiore sensibilità all’andamento dei mercati obbligazionari periferici, un buon momentum sugli earning e un livello di valorizzazione che funge da supporto; stare long sul settore delle automobili tedesco e short sui player europei del lusso, due settori fortemente legati alle prospettive economiche del Celeste Impero, e privilegiare il settore risorse di base, che ha maggiormente deluso, in termini di performance, durante il rally estivo».
BANCHE E ASSICURAZIONI. E sorpresa, «i finanziari – continua Galvis – sono i maggiori beneficiari dell’abbassamento dello spread». L’annuncio della Bce ha implicazioni forti per il settore bancario. «In primis – dice Daniel Davis, analista banche di Exane Bnp Paribas – l’allentamento, ancora una volta, dei requisiti sui collateral. Inoltre, l’avanzamento sul fronte di un organismo di sorveglianza bancaria unico per l’Europa si configura come una misura positiva dato che ciò implica che la Bce si occuperà della regulation delle banche dell’area attraverso un unico fronte: tutto ciò conferisce al settore bancario un ulteriore rialzo potenziale del 6%. In tale contesto continuiamo a restare positivi su Barclays, Lloyds, Sociètè Gènèrale e Ubs e a non ritenere interessante di assumere rischi sui Paesi periferici».
Le banche italiane invece rallenteranno dopo aver sovraperformanto il settore del 32% successivamente al discorso di fine luglio di Draghi. «L’attuale costo medio implicito dell’equity a 12,9% per il 2014 – spiega Andrea Vercellone, analista di Exane Bnp Paribas – riflette la loro bassa redditività, l’assenza di momentum sugli earning di breve periodo e le elevate incertezze presenti a livello di contesto macro». Le banche italiane continueranno a fare affidamento sulla liquidità a buon mercato della Bce per i prossimi tre anni, ma prima o poi avranno bisogno di accedere al mercato. «I prezzi – continua Vercellone – saranno principalmente legati all’andamento dei Cds italiani, che a loro volta determineranno i costi di finanziamento post crisi sovrana. In tale scenario Intesa sembra essere la banca europea a maggiore capitalizzazione più vulnerabile al repricing. Tenuto conto dell’attuale livello dei Cds, per giustificare la sua valorizzazione la banca dovrebbe riprezzare i suoi asset per 162 punti base, un comportamento irrealistico». Vi sono, inoltre, numerosi fattori che spingono a posizionarsi sui subordinati assicurativi. In primis il fatto che le compagnie assicurative sono i più importanti detentori di debito: in media, l’80% dei portafogli sono composti da tali titoli. «Inoltre player come Axa, Allianz o Cnp – conclude Cyril Parison, responsabile della ricerca fixed income di Exane Derivatives – beneficeranno del repricing positivo dei debiti spagnoli e italiani, sia sui sovrani sia sui corporate o sui senior bancari. Non dimentichiamoci che le subordinate assicurative, i cui rating medi sono dell 6% – 8% (livelli che sui corporate si trovano solo sul segmento high yield), non hanno sofferto di un’ondata di calo dei rating, come accaduto per le banche, e hanno in media un rating BBB+. E anche la regolamentazione è favorevole: Solvency 2 non sarà applicato prima del 2015 e degli aggiustamenti saranno applicati a livello nazionale per compensare il calo dei tassi».